“Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi”. (Carl Gustav Jung)
Ci sono soltanto tre tipi di arte che riassumono tutto ciò che attiene al desiderio dell’essere umano di elevarsi sopra il banale esistere. Un tipo di arte è quella di chi usa, con maestria, eleganza, precisione; un altro tipo di arte riguarda chi fa, con coraggio, ingegno, sono coloro che costruiscono e inventano. La terza arte è quella in cui mi riconosco: l’imitazione delle prime due.
Devo ammettere di aver parafrasato una citazione di Platone (come volevasi dimostrare).
Cos’è narrare, scrivere, se non la sublimazione delle principali aspirazioni e attività umane? Nel mio caso vale, e qui mi affido nuovamente alle citazioni di chi, meglio di me, riassume ciò che intendo per “scrittura”, ciò che il buon Zavattini una volta disse: “Il tentativo non è quello di inventare una storia che somiglia alla realtà, ma di raccontare la realtà come se fosse una storia”. Ovviamente parlo di furto con destrezza, il saccheggio dei segreti più profondi del mio essere, delle altrui umane esperienze. Viene da dire che lo scrittore non è una bella persona, in fondo. È un ladro, un impostore, un imitatore. Un cialtrone in grado di raccontare le più grandi menzogne spacciandole per verità, un arlecchino in grado di raccontare il vero, tra frizzi, lazzi ed esagerazioni. Tra i padroni della terza arte ci sono i maestri della bellezza, i grandi scrittori, quelli che gli scribacchini come me dovrebbero guardare come chi confida in un faro nella notte, coloro che con sapienza sono capaci di mescolare nelle giuste proporzioni il finito e l’infinito.